Un monumento tornato nell'oblio
La curiosa recinzione della catacomba ed alcuni pozzi |
Tra gli ipogei funerari della zona di Priolo Gargallo, il più celebre è sicuramente la catacomba chiamata della Manomozza, ubicata a breve distanza dall'ingresso sud del paese. Prima ancora di parlare di questo ipogeo di epoca paleocristiana, molto vi sarebbe da dire sulle sue condizioni di conservazione e fruibilità. Allo stato attuale, la catacomba della Manomozza risulta chiusa al pubblico e del tutto priva di cartellonistica che ne indichi la posizione. Non risultano inoltre, a breve termine, progetti per la sua apertura anche parziale. Dispiace registrare questo, in netta controtendenza con il notevole interesse che invece il comune di Priolo Gargallo ha mostrato per il recupero e la fruizione di Thapsos, sito anch'esso ricadente nel comprensorio comunale. Quanti si avventurano alla ricerca della catacomba della Manomozza trovano invece cumuli di rifiuti (tutta la parte antistante è tristemente ridotta a discarica abusiva), un cancello arrugginito, sigillato da un lucchetto ancor più arrugginito, ed una recinzione di ferro e cemento che difficilmente si potrebbe definire di buon gusto. Le foto che accompagnano questo articoletto sono testimonianza di quanto si presenta oggi agli occhi del curioso visitatore o turista. (una galleria fotografica completa è disponibile su Siracusareport.tk) Eppure, la catacomba della Manomozza fu tra i primi monumenti archeologici della zona ad essere restaurato. Questo già alla fine degli anni Sessanta, con il contributo della SINCAT che voleva dimostrare come l'area industriale potesse sostenere e dare fondi anche per lo sviluppo culturale. Il monumento venne studiato già agli inizi del Novecento dall'archeologo Paolo Orsi e, in seguito ebbe ancora l'interessamento di studiosi di grande fama come Bernabò-Brea e Agnello. E' ubicato a breve distanza da quell'importante monumento paleocristiano priolese che è la basilica di San Focà. Una ingresso rettangolare ed una breve scalinata immettono all'interno della catacomba. Esplorando l'ipogeo si sono trovate tracce di una sorta di pozzo che poteva essere un ingresso più nascosto allo stesso, realizzato in epoca anteriore all'editto di tolleranza. Oltre alle sepolture monosome e polisome, uno dei cubicoli della Manomozza è caratterizzato da due sepolture a baldacchino. Si tratta dell'area di maggior pregio del sepolcreto. Paolo Orsi esplorò con cura la Manomozza che però risultava già violata in antico e pertanto restituì pochi reperti. Si trattava di un piccolo cimitero rurale e, pertanto, privo di grandi e lussuose decorazioni. Ciò nonostante, l'archeologo, registrò i resti di ben 13 iscrizioni. L'Orsi identificò due fasi costruttive nella Manomozza, una precostantiniana e l'altra del IV sec. d.C. (l'esplorazione della campagna circostante restituì una moneta bronzea dell'imperatore Costanzo).
Pianta della Manomozza disegnata da R.Carta |
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